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cerchi un survival originale? Salite a bordo

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Non avremmo storie da raccontarvi, sulla Zona. Potremmo dirvi di quando ci siamo ritrovati a vagare per strada, al buio, alla ricerca di benzina. O di quella volta che una creatura ha sradicato la portiera della nostra auto mentre fuggivamo da una tempesta. Potremmo raccontarvene tante, eppure nessuna di queste storie servirà a prepararvi a ciò che vi aspetta in quel posto, una fitta rete di strade e sentieri infestati da minacce d'ogni genere. Pacfic Drive è una sopravvivenza consapevole dell'unicità del medium: lascia che sia il giocatore, con le sue azioni, a controllare la storia e gli avvenimenti che ne determinano le peculiarità, dando vita a un'esperienza sempre nuova e irripetibile per chiunque.

Controllare la storia

Questo aspetto era già emerso durante la nostra intervista con Alex Dracott e Seth Rosen del team di Pacific Drivecon quest'ultimo che affermava: “Abbiamo stabilito sin dall'inizio di voler far leva sulla narrativa emergente e di voler creare una connessione tra l'auto e chi gioca. Non esiste storia che avremmo potuto raccontare capace di farvi affezionare all'automobile, per cui abbiamo lasciato che fosse il giocatore con le sue azioni a creare un legame con essa.”

“Controllare la storia” non significa che non potremo limitare la trama con le nostre scelte, né che ci sarà un finale diverso a seconda di come abbiamo giocato. Pacific Drive è innanzitutto un titolo sandbox colomba il giocatore può vivere la sua storia, stabilendo un legame sempre più solido con l'automobile, vera co-protagonista del gioco insieme alla Zona. La vicenda ha inizio con il nostro avatar che, per motivi ignoti, fa ingresso nella Zona di Esclusione Olimpica. Dopo un pericoloso incontro ravvicinato con un'anomalia, riuscendo a metterci in salvo salendo a bordo di una station wagon ridotta allo stremo, facendo ingresso nel garage di Oppy – hub dal quale potremo prenderci cura dell'auto e organizzare le nostre escursioni.

Forse è la componente narrativa – nel senso più generico del termine – l'aspetto meno convincente dell'opera: la sensazione che abbiamo provato allo scorrere dei titoli di coda è che la trama sia stata inserita al solo fine di giustificare gli spostamenti all'interno della mappa.

Opere come Pacific Drive potrebbe sussistere di sola narrativa emergente, eppure Ironwood Studios sembra non aver voluto osare tanto, optando per un'esperienza che fosse il più completa possibile e per questo maggiormente attraente agli occhi del pubblico. Questo non significa che l'intreccio ei personaggi non siano all'altezza delle aspettative: la scrittura è generalmente buona ei comprimari non mancano di carisma, complice una direzione del doppiaggio capace di dare spessore al cast. Purtroppo il gioco non dispone di una localizzazione in italiano, una mancanza che si fa sentire soprattutto quando siamo alla guida: schivare ostacoli o tenere gli occhi sulla strada mentre si leggono i sottotitoli non è certo il massimo della comodità.

L'auto di Teseo

La vera protagonista di Pacific Drive resta l'amabile ma malconcia station wagon, che col tempo potremo migliorare fino a farla diventare un gioiello tecnologico. Ogni componente dell'auto è interamente personalizzabile, a partire dai materiali alle serigrafie: potremo decidere di installare portiere antiurto o resistenti all'acido corrosivo, modificando l'assetto in base alle condizioni ambientali del luogo che vorremo raggiungere. Il team ha svolto un lavoro incredibile sul mezzo e le combinazioni che abbiamo avuto modo di testare durante le 34 ore passate sul gioco ne sono la testimonianza, dove anche la più piccola delle modifiche può modificare il nostro viaggio nella Zona.

Avere delle gomme da fuoristrada, ad esempio, ci ha consentito di muoverci con maggior facilità su terreni sconnessi, dandoci la possibilità di fuggire dai pericoli senza il rischio di danneggiare l'auto o di rimanere impantanati nel fango. Col passare del tempo la Zona diventerà sempre più ostile, motivo per cui sarà molto importante sbloccare nuovi potenziamenti e capire come sfruttarli in base alle proprie esigenze. L'auto è pur sempre una macchina, per cui non aspettatevi che sia indistruttibile: pannelli danneggiati, ruote forate, malfunzionamenti al motore e anomalie di sistema saranno all'ordine del giorno. Questi spiacevoli inconvenienti potranno essere arginati in vari modi: se si può fabbricare da zero il pezzo difettoso o tentare di ripararlo, a patto che abbiate le risorse necessarie per farlo. In alternativa, potrete”prendere in prestito” un pezzo da uno dei tanti veicoli abbandonati su strada, evitando così di dover andare alla ricerca di componenti. Le fasi di looting sono uno degli aspetti più preponderanti di Pacific Drive, cosicché sarà del tutto normale fermarsi durante un viaggio per saccheggiare case, laboratori e auto abbandonarsi.

Ciò avverrà anche a distanza di pochi minuti, specialmente quando la mappa in cui ci troviamo pullula di strutture esplorabili. Non aspettatevi, quindi, un open world dai ritmi dilatati: c'è sempre qualcosa da raccogliere, da smontare o da riparare. Peccato che, per quanto solide siano le meccaniche del gioco, non sempre risultanono chiare. Nonostante la presenza di un tutorial, nelle prime ore dell'avventura ci siamo sentiti un po' abbandonati a noi stessicon alcune dinamiche relative al crafting e ai materiali spiegate all'interno di un menù dispersivo ea tratti disfunzionale.

Pacific Drive è un titolo dalle meccaniche stratificate e non abbiamo dubbi che lo studio abbia fatto il possibile, ma la navigazione all'interno della UI è caotica e ciò comporta la perdita di informazioni preziose. Il logbook, ad esempio, è stato concepito alla stregua di una guida alla sopravvivenza nella Zona. Al suo interno troviamo catalogato ogni singolo elemento del gioco, a partire dai pezzi dell'auto fino ad arrivare alle “anomalie”.

Per quanto riguarda il sistema di guida, Pacific Drive offre un buon responso dei comandi e un piacevole feedback della fisica, ottenendo un compromesso efficace tra simulazione e arcade. mantenere il controllo dell'auto non è facile ma nemmeno impossibile, col giocatore che ha gli strumenti per dominare il veicolo anche nei momenti più concitati. Certo, non aspettatevi di diventare piloti provetti nel giro di qualche minuto: stabilire una connessione col mezzo – che sia con l'interfaccia di bordo o con il volante – richiederà tempo, dedizione e una buona dose di esperimenti falliti. Le prime fasi saranno dure e complesse, ma non appena riuscirete a trasformare l'auto in un veicolo blindato, potrete dare filo da torcere alle anomalie.

La Zona ei suoi pericoli

Ora è il turno di parlare proprio di queste anomalie, che tenteranno in tutti i modi di intralciare il nostro cammino, provocando ingenti danni all'auto e al nostro avatar. Poiché ogni anomalia è dotata di caratteristiche uniche, lasciamo a voi il piacere di scoprire in che modo potranno rendervi la vita difficile, ma vi basti sapere che anche la più innocua non va sottovalutata per nessun motivo. Nella Zona non sarete mai al sicuro e il susseguirsi delle minacce metterà a dura prova i vostri nervi.

La Zona è frazionata in mappe esplorabili, suddivise per pericolosità e presenza di risorse. Nei punti più particolarmente profondi, l'esplorazione diventerà ostica, soprattutto a causa dell'elevato livello di radiazioni. Pacific Drive è un survival estremamente punitivo e il prezzo da pagare in caso di morte è salato: qualora non riuscissimo a tornare al garage sani e salvi, dovremo dire addio a tutte le risorse raccolte. Ciò significa perdere quanto ottenuto durante una spedizione e di gettare al vento anche un'ora di gioco, con l'aggravante di ritrovarsi l'auto ridotta a un colabrodo.

Ogni minuto speso nella Zona è un passo più vicino alla morte, per cui sarà importante tornare all'hub centrale non appena ne avremo l'occasione. Sfruttando l'energia di alcuni dispositivi, potremo far apparire un portale in un punto specifico della mappa, scatenando così le ire della Zona che tenterà di impedirci di rientrare nel garage. I secondi che ci separano dall'apertura del portale al ritorno a casa sembrano ore e la tensione è palpabile, occorre sfruttare percorsi alternativi per schivare i pericoli e sfuggire al restringimento della zona sicura, che si fa sempre più opprimente.

Pacific Drive sa come costruire un livello di tensione costantemente crescente, ma non sempre per i motivi giusti: il sistema di salvataggio automatico è troppo severo nei confronti del giocatore, costretto a raggiungere la mappa successiva per ottenerne una. Comprendiamo la volontà di implementare meccaniche roguelike, ma ciò non dovrebbe tradursi in un sistema di penalizzazione per chi, banalmente, ha bisogno di abbandonare il gioco in qualsiasi momento.

Cartoline dalla Zona

La Zona di Esclusione Olimpica non è soltanto un luogo da percorrere a bordo della nostra auto, né un semplice ricettacolo di peripezie. Si tratta di un ambiente che affonda le sue radici in un immaginario artistico e culturale ben definito, riconducibile a opere come Twin Peaks e Pini ribelli, ma non solo. Percorrere le strade buie in compagnia della nostra radio regala sensazioni magnifiche, ed è nei momenti di pura quiete che ci si rende conto del buon lavoro svolto dal team artistico.

Il mondo di gioco non è composto solo ed esclusivamente da foreste sterminate: vi si trovano vallate dall'alieno, habitat naturali stravolti in modo drammatico dalle radiazioni e dalle anomalie che vi abitano. Più ci addentreremo nella Zona, più avremo l'impressione di stella facendo ingresso in un luogo pericoloso. Non vi nascondiamo che molte location ci hanno ricordato i dipinti di Simon Stalenhag, autore svedese divenuto famoso per le sue illustrazioni retro-futuristiche. Proprio come nelle immagini dell'artista, il panorama di Pacific Drive è spesso inquinato da strutture megalitiche appartenenti a un passato lontano, simbolo di un progresso scientifico tanto ambizioso quanto sconsiderato.

Il gioco sul fronte artistico si difende bene, ma è sull'aspetto tecnico che vacilla: il frame rate su PC non è sempre stabile, con sporadici casi di balbuzie che si verificano durante le interazioni. Ciononostante, Ironwood Studios ha saputo gestire le potenzialità dell'Unreal Engine, trovando un buon compromesso tra resa grafica e artistica.

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