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La meccanica resiste: «Innovazione e tecnologia per superare la crisi»

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Arezzo, 26 gennaio 2024 – Il settore metalmeccanico nelle provincie di Arezzo, Siena e Grosseto rappresenta 250 aziende con quasi 15mila addetti, le aziende aretine in questo quadro giocano il ruolo da

protagonista. La sezione meccanica è la più rappresentata. Un settore trainante che si trova però a vivere una fase di stallo. «Siamo moderatamente preoccupati non vogliamo fare allarmismo ma questa fase di fermo alla lunga peserà». A dipingere la situazione è Carlo Locatelli Presidente sezione meccanica di Confindustria Toscana Sud. L'attività produttiva metalmeccanica è ancora in sofferenza rispetto

all'anno scorso?

«E' doverosa una premessa, quando noi parliamo di meccanica c'è dentro di tutto un po' di tutto, da chi lavora la lamiera a chi fa software, perciò ci sono dei distingu da fare tra chi ha delle sofferenze e chi registra un continuo sviluppo del proprio business. In generale viviamo una sofferenza particolare perché di fatto è più uno stallo, secondo l'ultima indagine di Federmeccanica che unisce in Confindustria le aziende meccaniche, non ci sono valori negativi: il 2023 è stato principalmente un anno di stallo per una serie di motivi. Se si confrontano 2023 e 2022 parliamo di un segno negativo intorno all'1% una produzione congelata quindi. Quello che fa preoccupazione è la fase di non avanzamento e la generale sensazione di sfiducia, la non voglia di intraprendere».

La produzione è diminuita anche ad Arezzo come nel resto d'Italia? «Il trend è italiano ma i dati legati alla provincia di Arezzo di fatto rispecchiano la tendenza nazionale». La gamma di attività produttive è vasta e differenziata, quali quelle più importanti nella nostra provincia? «Sicuramente tutto quello che è innovazione e tecnologia, una delle nostre aziende associate alla meccanica è la Zucchetti centro sistemi del nostro

presidente Bernini. Tutto quello che è legato a innovazione e tecnologia sta andando meglio. Oggi infatti non si può rinunciare a tutto ciò che è automazione e connessione delle macchine, scambio dati: tutte le lavorazioni avvantaggiate sono quelle che guardano all'avanzamento tecnologico. Nel mondo aretino funziona anche tutto ciò che è legato alla

lavorazione dell'oro. Alcune aziende più legate alla lavorazione tradizionale invece hanno un minimo di difficoltà dagli ultimi anni». Il settore metalmeccanico indirizzato all'estero circa la metà delle

produzioni, come incide l'impatto del rincaro dei prezzi delle materie prime e del conflitto russo-ucraino, oltre alle crescenti tensioni internazionali? «Le nostre aziende legate alla meccanica sono a forte esportazione,

circa la metà del fatturato è legato all'export. Ecco perché avere a che fare con mercati che dal punto di vista socio politico sono in difficoltà pesa. Penso alla guerra russo ucraina, ai costi lievitati dell'energia e agli ultimi

accadimenti con la guerra in Israele e le problematiche legate al canale di Suez. Guardando al report di Federmeccanica sicuramente aumenteremo le aziende che evidenziano preoccupazioni sul proprio portafoglio ordine e

alla domanda se le aziende hanno in previsione di aumentare

la produzione le risposte sono sempre più negative». A questo si aggiunge l'inasprimento delle politiche monetarie? «Le problematiche si ripercuotono anche sul funzionamento delle

aziende e sull'accesso alla liquidità, palloncini e politiche monetarie hanno determinato criticità e il tema che forse ci riguarderà nei prossimi mesi è legato alla marginalità delle attività. Fino ad oggi le aziende sono

riuscite a contrarre e sopportare la maggiorazione dei costi

adesso la prospettiva di ridurre il margine di guadagno sarà

un nuovo elemento di criticità che si ripercuoterà anche

sulla mancanza di investimenti». Sul fronte occupazione come siamo messi? «Fortunatamente nelle nostre zone non ci sono criticità a livello occupazionale, anzi siamo sempre alla ricerca di figure chiave, non ci sono

problemi legati alla rilasciato del personale, al contrario

si cercano nuovi lavoratori che spesso non si trovano. Ci

sono difficoltà a colmare il gap tra domanda e offerta,

lavoriamo costantemente con scuole, università e its, ma

manca sempre qualcosa. Rispetto a paesi più evoluti come la

Germania, i numeri dei ragazzi che frequentano queste scuole

sono sempre molto bassi. E pensare che quando riusciamo ad

incrociare domanda e offerta è un vantaggio per tutti».

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