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nel 2050 saranno 80 milioni di tonnellate- Corriere.it

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I pannelli in silicio cristallino sono la tecnologia fotovoltaica più diffusa nel mondo. I moduli solari installazioni a livello globale hanno raggiunto una potenza di 940 GW nel 2021 e, secondo i rapporti dell'Agenzia Internazionale per l'Energia, si prevede che questo valore aumenterà a 5 TW entro il 2050. Ma la vita di un pannello fotovoltaico ha una durata di circa 25 anni e poiché le prime installazioni significative risalgono agli anni 2000, entro i prossimi due anni ci saranno tonnellate di moduli da smaltire. Un rapporto redatto a quattro mani dall'Programma per i sistemi di energia fotovoltaica dell'Agenzia internazionale dell'energia (IEA PVPS) e dall'Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (IRENA) ipotizza che nel 2030 i moduli fotovoltaici esausti ammonteranno a quasi 8 milioni di tonnellate, ed entro il 2050 potrebbero diventare circa 80 milioni. Cifre da capogiro.

Viaggio nella start up 9-Tech a Porto Marghera, che opera all'interno del Green Propulsion Lab del gruppo Veritas: come sono nati i brevetti che aiuteranno a riciclare gli elementi esausti del fotovoltaico: secondo l'Agenzia Internazionale per l'Energia, entro il 2050 ci saranno 80 milioni di tonnellate di materiali da smaltire e sottrarre al mercato illegale

Si tratta di cumuli di pannelli blu estesi come montagne destinate alle discariche, e sono numeri che raccontano che dietro la sfida della transizione energetica se ne nasconde un'altra, quella dell'urgenza di accelerare lo sviluppo di metodologie efficaci in grado di smaltirli e, soprattutto, di riciclarli. Anche per sottrarli ai traffici delle organizzazioni criminali contro cui da anni si batte il Comando dei carabinieri per la Tutela Ambientale e la Transizione ecologica: «Una battaglia transnazionale contro un genere di export illegale che vale miliardi», ha raccontato il generale Maurizio Ferla a Pianeta 2030 (leggi qui). A Porto Marghera, a Venezia, c'è chi lavora efficacemente in questa direzione, e le sperimentazioni maturano durante anni di ricerca dipingono uno scenario in cui il modulo esausto non viene solo parzialmente smontato per recuperare pochi materiali, bensì viene riciclato del tutto e gli elementi nobili di cui è composto tornano nella filiera come materie prime seconde. Un mercato in cui la concorrenza si va facendo forte, come mostra l'impegno della società tedesca AE-Solar di cui pubblichiamo qui sotto lo schema sulla lavorazione dei pannelli esausti, che in Baviera .

«Siamo gli unici in Italia ad aver ideato un sistema non solo in grado di recuperare tutti i materiali nobili presenti nei pannelli fotovoltaici a base di silicio, ma anche di renderli disponibili per altre applicazioni con un livello di purezza molto alto», spiega Pietrogiovanni Cerchier, giovanissimo fondatore della start up innovativa 9-Tech in cui lavorano nove persone tra ingegneri e ricercatori. Come funziona il procedimento di recupero lo ha spiegato a Pianeta 2030: Potete seguire tutta la procedura e conoscere altri dati importanti sfogliando il web reportage qui sopra.

Anatomia del fotovoltaico: una miniatura blu

I pannelli solari sono composti da strati di materiali diversi. La cornice che riveste e garantisce robustezza al dispositivo è in alluminio e rappresenta circa il 16% del peso totale di un pannello. La superficie è realizzata in vetro, materiale che protegge e fornisce rigidità al modulo garantendo allo stesso tempo un'elevata trasparenza. Questa frazione è la più significativa in termini di massa in quanto costituisce circa il 65% del peso dell'elemento. Al di sotto ci sono le celle fotovoltaiche, il nucleo energetico del dispositivo: catturano la radiazione solare, la trasformano in elettricità e donano al modulo l'inconfondibile colore blu che lo caratterizza. Sono realizzate in silicio e nonostante ciò costituiscono solo il 3% del peso di un modulo rappresentano il materiale più critico.

Le cariche elettriche generate dalle lamine blu vengono raccolte e dirette verso i conduttori attraverso l'argento che si trova sulla superficie frontale della cella sotto forma di contatti serigrafati. Nonostante la quantità presente in un modulo sia minimo (circa 10 gr), esso costituisce più del 40% del valore di tutti i materiali contenuti. Infine ci sono io contatti in rame (1% di peso) che collegano tra loro le diverse celle e la scatola di giunzione (2%)composta da plastica e cavi di rame, che collega il modulo al circuito elettrico esterno.

Vere e proprie 'miniere' d'argento

«Un pannello fotovoltaico a fine vita ha ancora molto da osare: può essere considerato una piccola miniera di elementi preziosi» spiega Francesco Miserocchi mentre è al lavoro nel laboratorio chimico della start-up. «Oltre al vetro e all'alluminio recuperabili in grandi quantità, una tonnellata di moduli fotovoltaici dismessi contiene circa 30 kg di silicio metallico ad altissima purezza, materiale considerato critico dall'Unione Europea, 10 kg di rame e circa 0,5 kg di argento.

Recuperare dai rifiuti questi metalli rappresenta inoltre un notevole beneficio ambientale, considerando l'enorme consumo necessario per la loro estrazione dal minerale vergine e l'inquinamento che ne deriva. La concentrazione di argento, infatti, è tre volte superiore a quella presente nelle miniere. A parità di massa, c'è più argento nei moduli fotovoltaici che nelle miniere da cui viene estratto: da una tonnellata di pannelli si possono ricavare circa 500 gr di argento mentre da una tonnellata di materiale grezzo se ne ricavano circa 165 gr».

Boom della domanda di materie prime seconde

Il recupero di materiali critici e nobili dai pannelli giunti alla scadenza non rappresenta un vantaggio unicamente in termini di impatto ambientale, ma diventa centrale anche sul piano strategico ed economico. La domanda di componenti recuperati dai moduli fotovoltaici è destinata a salire alle stelle nei prossimi anni, poiché il numero di installazioni aumenterà per far fronte alle necessità della transizione energetica e potrebbe incombere la minaccia di un collo di bottiglia nella fornitura delle materie prime, soprattutto per il silicio prodotto in larga parte in Cina e in altri paesi al di fuori dei confini europei. Un'analisi pubblicata alla fine del 2022 da Rystad Energy – il più importante ente indipendente di ricerca energetica in Finlandia – ipotizza che i materiali riciclabili provenienti dai pannelli esausti varranno più di 2,7 miliardi di dollari nel 2030 e si avvicinerà agli 80 miliardi di dollari entro il 2050.

Parsival: una rete europea a guida italiana

Il modello finalizzato da 9-Tech risulta essere particolarmente promettente sia in termini di produttività ed efficacia, sia per il notevole risparmio di risorse minerarie. Nonostante siano numerose le realtà industriali che effettuano lo smaltimento del fotovoltaico (aziende abilitate al riciclo del vetro o al trattamento dei rifiuti RAEE, ad esempio), nel mondo si contano sulle dita di una mano invece quelle che hanno consolidato dei metodi innovativi per recuperare gli elementi critici con un grado di purezza tale da essere impiegati nuovamente nel settore elettrico o energetico. Adesso la start-up veneta è alle prese con nuove sfide: da un lato industrializzare l'impianto per il riciclo su larga scala e dall'altra, nell'ambito di progetti di ricerca europei, verificare le performance dei materiali recuperati per diverse applicazioni come la produzione di nuove celle fotovoltaicheanodi di batterie agli ioni di litio o ferroleghe in silicio.


I traguardi raggiunti grazie alle ricerche applicate al recupero di materiali critici, infatti, hanno aperto la strada a un nuovo progetto che risponde al nome di Parsival (Riciclo dei pannelli per creare la catena del valore del silicio) dove la start-up di Venezia guida e coordina un team multidisciplinare (qui la pagina di 9-tech su Parsival) composto da nove partner provenienti da quattro Paesi europei (Italia, Francia, Germania e Spagna). Finanziato dall'Materie prime dell'EIT – un organo della comunità europea promotore della corretta gestione delle materie prime – Parsival è un progetto di RIS capacity building che sta creando un network di attori europei operanti nel riuso dei materiali ricavati dai pannelli esausti, in particolare del silicio.

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